martedì 3 novembre 2015

The Bookmark (6): "La dea delle piccole vittorie" di Yannick Grannec

                                                                                   Titolo: La dea delle piccole vittorie
Autore: Yannick Grannec
Pag. 400
Casa editrice: Longanesi
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 2014

Il romanzo è in dotazione alla Biblioteca Comunale di Pettineo.






Princeton. Anna è un’archivista e sta svolgendo una missione alquanto ardua, tentare di convincere Adele, la vedova del matematico Kurt Gödel (membro permanente dell’Institute for advanced study di Princeton e dell’Association for symbolic logic) perché doni all'Istituto i manoscritti del marito morto due anni prima.

Il suo arrivo alla casa di riposo in cui soggiorna Adele non lascia presagire un risultato positivo. L’anziana signora, lungi dall'essere docile come Anna si era aspettata, si rivela un vero osso duro. Sarcastica e senza peli sulla lingua, Adele non sembra affatto disposta a cedere; inoltre sembra aver capito al volo Anna; con tutta probabilità si rivede in lei.

Passato e presente si alternano nella narrazione mostrando ora la storia d’amore tra Adele la ballerina piena di speranza e il giovane Gödel, ora la vita solitaria di Anna, anche lei in qualche modo scottata dalla sua relazione sentimentale con Leonard uno studioso di Princeton. Ma è il racconto dell’anziana protagonista vissuta accanto a un uomo la cui genialità ha reso difficile perfino i più insignificanti gesti della quotidianità, a catturare l’attenzione del lettore. Le cene con matematici e fisici, incluso Albert Einstein, l’unico tra loro che riesca quasi a rendere sopportabili ad Adele quei convegni a base di genialità e manie, sono gli unici intervalli nella solitudine della donna.

Amore e Genialità danzano sulle note di questa narrazione ma mai all'unisono. Appaiono quasi come due giganti che lottano nell'arena della vita, una vita che a causa di quella lotta non hanno mai vissuto.

Tra finzione e fatto storico, come ella stessa ammette, in un arco temporale dagli anni ’30 fino all'avvento delle armi nucleari, la scrittrice Yannick Grannec realizza un romanzo che fa pensare al film di Ron Howard, A beautiful mind, dedicato al matematico premio Nobel John Nash, divenuto il simbolo di quella genialità alienante che fagocita l’esistenza del genio e produce paure immotivate e solitudine, rendendo la vita a stento sopportabile a chi, per amore, ne accetta i drammi.

Diversi i personaggi, certo, ma col comune denominatore di una intelligenza a cui ognuno di essi ha sacrificato la propria vita portandola al massimo, come si porterebbe un’auto sportiva; spingendola al limite, quel limite superato il quale l’individuo “implode”.


Rossella Muratore

mercoledì 14 ottobre 2015

Pettineo-Lauree. La cultura a portata di tutti.

Prosegue l’iniziativa Pettineo-Lauree, ideata dall’associazione culturale Dialogos di Pettineo e accolta con entusiasmo dall’Amministrazione Comunale, che ha concesso il suo gratuito patrocinio.

Ad oggi si sono svolti i primi due incontri. 
Da sinistra: Rossella Muratore, Antonio Presti, Antonino
Pappalardo, Sebastiano Di Francesca e Giuseppe Liberti (Sindaco)
Durante il primo, avvenuto il giorno 1 Agosto presso l’Aula consiliare della casa comunale e che ha visto la graditissima partecipazione del mecenate Antonio Presti, sono state presentate e donate due tesi: 
quella della dott.ssa Rossella Muratore sull'uso dei generi letterari nell'ambito della letteratura inglese moderna e contemporanea, come mezzo di denuncia dello schiavismo e del colonialismo, e quella del dott. Antonino Pappalardo sulle possibilità di fruizione del Museo Domestico pettinese, nato dalla storica manifestazione "1 km di tela" e realtà artistica unica nel suo genere.
Da sinistra: Sebastiano Di Francesca,
Rossella Muratore (addetta Biblioteca Com.le),
Salvatore Lipari e Mariangela Russo (Assessore Istruzione)
Il secondo incontro si è svolto sabato 10 Ottobre ed ha visto la presentazione e donazione della tesi del dott. Salvatore Lipari, che ha intrattenuto gli intervenuti con una entusiasta dissertazione su Massimo Bontempelli, illustre intellettuale vissuto a cavallo tra le due guerre mondiali, e la sua esperienza alla direzione della rivista “900”.

«Pettineo-Lauree – spiega il presidente dell’associazione Sebastiano Di Francesca – ha il duplice scopo di creare i presupposti di un confronto culturale, valorizzando gli elaborati di laurea dei giovani e meno giovani titolati di Pettineo e, allo stesso tempo quello di incrementare, con la donazione degli stessi, da un lato, il patrimonio bibliografico della nostra Biblioteca Comunale e, dall'altro, il patrimonio culturale che intendiamo lasciare alle generazioni future. Abbiamo fatto nostra la massima di Hans Georg Gadamer “La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande”, ed eccoci qui a cercare di diffondere l’idea che la cultura diventa un esercizio sterile se non può essere alla portata di tutti».

Certamente si tratta di occasioni che hanno il merito di presentare argomenti anche molto specifici e/o poco conosciuti  al pubblico più ampio; il merito di cercare di diffondere l’idea che la cultura non è materiale riservato esclusivamente agli “addetti ai lavori”, ma che è un bene prezioso, necessario ad ampliare gli orizzonti di chi ha occhi per guardare e orecchie per sentire: in breve, di tutti.


Rossella Muratore

venerdì 11 settembre 2015

The Bookmark (5): "Mi sa che fuori è primavera" di Concita De Gregorio



Titolo:   Mi sa che fuori è primavera

Autore: Concita De Gregorio
Pag. 122
Casa Editrice: Feltrinelli
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno:
 2015






Per essere felici non ci vuole tanto.
Per essere felici non ci vuole quasi niente.
Niente, comunque, che non sia già dentro di noi



Come si sopravvive in seguito alla scomparsa di un figlio?
In che modo una madre, come la protagonista di questo romanzo, può trovare la forza per andare avanti, sapendo che le sue bambine le sono state sottratte, uccise dal loro stesso padre nell'ennesimo ed eclatante atto di violenza nei suoi confronti?

A partire dalla vicenda delle gemelline svizzere, Alessia e Livia, scomparse qualche anno fa, Concita De Gregorio ripercorre, attraverso un’impostazione forse un po’ insolita per un romanzo che parla di un caso di cronaca, il cammino di una madre, Irina, alla ricerca della verità.

L’autrice offre, attraverso l’assetto scelto per la sua narrazione, ampio spazio alla riflessione:
La violenza psicologica ha un impatto devastante sulla persona che la subisce, pur non rimanendone lesa nel corpo, e dovrebbe essere considerata un grave campanello d’allarme di certe nefaste conseguenze;
I media non potranno che avere il ruolo di sconcertanti fabbriche di dolore, ma di un dolore “freddo”, incapace di bruciare mai veramente;
Esiste una possibilità di felicità in seguito a un dolore così grande, come la sparizione di un figlio (in questo caso due), per il genitore che ne subisce la perdita? E se sì, come potrà percepire la bigotta società in cui viviamo la ricerca di quel minimo di felicità necessaria a non morire nell’angoscia del “perché” e del “dove”?


Rossella Muratore

venerdì 10 luglio 2015

The Bookmark (4): "La dama e l’unicorno" di Tracy Chevalier



Titolo:   La dama e l’unicorno 

Autore: Tracy Chevalier
Pag. 286
Casa Editrice: Beat
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno:
2014








Non so voi, ma non sempre preferisco leggere le ultime uscite. Spesso in libreria, una quarta di copertina o un risvolto mi convincono a compiere qualche passo indietro. È stato il caso di questo romanzo che mi ha riportata alla fine del XV secolo e che è stato pubblicato in Italia nel 2003, per la prima volta da Neri Pozza.

Nicholas Des Innocents è un pittore miniaturista a cui un parvenu parigino, Jean Le Viste, entrato nelle grazie del sovrano di Francia, commissiona delle pitture per un ciclo di arazzi, che rappresentino la battaglia di Nancy. Ma il pittore, ispirato da una storiella con cui è riuscito a ottenere i favori di tante giovani a servizio di nobili famiglie, ed essendosi invaghito di Claude Le Viste, figlia del committente, convince quest’ultimo a ripiegare sulla rappresentazione della conquista del mitico unicorno da parte di una nobildonna. I simboli della seduzione, della gioventù e dell’amore in luogo di una fiera battaglia.

La frivolezza dell’idea di Nicholas Des Innocents legata al suo stile di vita godereccio e la paziente e competente attività artigianale dei tessitori di Bruxelles, a quell’epoca capitale dell’arazzeria europea, ben si contrappongono nella narrazione, mentre gli arazzi, giorno dopo giorno, prendono forma e colore sotto le mani esperte dei tessitori. Come farfalle in un bozzolo, solo alla fine del lavoro si mostreranno agli occhi di artigiani e committenti in tutto il loro splendore.

Tra realtà e finzione, in una giostra di personaggi che ambiscono chi al potere, chi al denaro, chi all’amore di fanciulle pronte a sbocciare, i veri protagonisti sono le allegorie di un ciclo di splendidi arazzi, che raccontano i termini dell’intera vicenda e le cui origini restano ancora un mistero.


Rossella Muratore

sabato 27 giugno 2015

UNA PISTOLA CHE PUNTA DRITTO AL CUORE...PER SALVARLO! - di Carmelo Giglio




Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro paese, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi. Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico. La malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi economici per la società. In Italia la prevalenza di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è pari al 4,4 per mille (dati Istat). Il 23,5% della spesa farmaceutica italiana (pari all'1,34 del prodotto interno lordo), è destinata a farmaci per il sistema cardiovascolare (Relazione sullo stato di salute del Paese, 2000). 
È stata utilizzata per la prima volta in Italia a Bologna giorno 15/12/2011 la "pistola salva cuore", un dispositivo inventato negli Stati Uniti che consente di inserire rapidamente un condotto dal ventricolo sinistro all’aorta discendente, bypassando la valvola aortica malata. A essere operata, al Policlinico S. Orsola-Malpighi, è stata una paziente di 86 anni affetta da stenosi aortica critica per la quale, senza l’innovativa terapia, sarebbe stato difficile ricorrere a una procedura classica con un intervento di sostituzione valvolare che, generalmente, dura circa 3-4 ore: attraverso l’uso di questo nuovo "applicatore" e di un condotto provvisto di una valvola biologica, invece, l’operazione è durata meno di 2 ore. La paziente, spiegano i medici, è stata la sedicesima persona al mondo a sottoporsi a questa tecnica, ora sta bene ed è tornata a casa. L’innovazione consente di trattare una fascia di pazienti precedentemente non avviabili all’intervento classico e determina un’economia di costi complessivi per la struttura di circa il 30%. Infatti l’intervento si svolge a cuore battente, cioè senza l’ausilio della circolazione extra corporea, con un impatto di anestesia generale limitato (2 ore contro le usuali 3-4 ore) e con ridottissimi sanguinamenti, ed è possibile effettuarlo su pazienti che presentano controindicazioni alle tecniche standard, come ad esempio il rischio di stress renali. 
Ecco come funziona la pistola. Il condotto che unisce il cuore all’aorta discendente viene inserito nella “pistola salva cuore” e viene legato all’apice del ventricolo sinistro. La parete del cuore viene bucata con la “pistola” che contestualmente inserisce il condotto nel ventricolo sinistro. Per evitare sanguinamenti, la pistola è dotata di un palloncino che “tappa” il foro praticato nella parete cardiaca. La “pistola” viene estratta lasciando in sede il condotto. 
Al termine dell’intervento, il ventricolo sinistro è collegato direttamente in aorta discendente, bypassando la valvola aortica malata. Tra il 60 e il 70% del flusso sanguigno passa dal nuovo condotto. Le patologie aortiche sono purtroppo in continuo aumento e pertanto è necessario che questo tipo di tecnologia prenda piede anche nel nostro paese.


Carmelo Giglio*


*Ventenne pettinese iscritto al corso in Infermieristica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Milano.

venerdì 5 giugno 2015

The Bookmark (3): "Nel caffè della gioventù perduta" di Patrick Modiano




Titolo: Nel caffè della gioventù perduta
Autore: Patrick Modiano
Pag. 128
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2010


Il libro è in dotazione alla Biblioteca Comunale di Pettineo








Accingendosi a leggere un premio Nobel per la letteratura, ci si autoconvince che si verrà messi a parte della vicenda di personaggi memorabili, di eroi ed eroine impegnati in epiche battaglie per la salvaguardia di ideali universali. Lʼimpressione invece che si trae dalla scrittura scarna ma mai banale di Patrick Modiano è che l’autore sia interessato a figure assimilabili più ad antieroi; individui senza un retaggio solido e rassicurante, come nella più comune tradizione sociale; individui di passaggio che non sanno e non vogliono ancorarsi a nulla e a nessuno; figure di viandanti con una dimensione interiore sospesa e tesa alla fuga.

Gli unici punti fermi del romanzo e della società descritta da Modiano sono la precisione topografica dei luoghi di Parigi e il Condé, il caffè in cui letterati e studenti si fermano ma solo temporaneamente fino a notte fonda e senza un programma di vita definito.

Tra tutti questi mancati eroi, lʼautore, che compare nella narrazione attraverso il suo alterego Roland, concentra la sua attenzione su un personaggio femminile: Louki. Una donna affascinante da cui da subito viene attratto, e il cui mistero suscita curiosità in questa schiera di intellettuali la cui vita resta quasi sospesa nel presente.

Chi è Louki? Il passato, il presente e ancora più il futuro di questa donna fluttuano nell’incertezza. Abbandonato il tetto coniugale, sembra essere evaporata ed è per questo che il marito assume un investigatore privato che si occupi di cercarla. Una volta trovata, però, lʼinvestigatore decide di lasciarla andare. Forse più di tutti, lʼuomo ha compreso che la fuga è la condizione che meglio si addice alla donna.

Quale sarà il suo destino, se lʼunico modo di restare fuori dal tempo altro non è che abbracciare la morte? E quello di Roland che insieme a lei ha conosciuto momenti di felicità in quelle che definisce “zone neutre”?

Parigi è il palco su cui vanno in scena gli stralci di vita dei personaggi di Modiano, in luoghi precisi della città descritti con dovizia di particolari, una caratteristica distintiva dell’autore. E tuttavia la città è proprio la grande “assente” del romanzo: non accoglie né scaccia; semplicemente si limita a registrare il passaggio di queste incerte figure che ricercano nella precarietà di alberghi ammobiliati il rifugio dagli assalti del tempo.


Rossella Muratore




http://www.panorama.it/cultura/libri/modiano-vinto-premio-nobel-per-letteratura-2014/

venerdì 8 maggio 2015

LA PREVENZIONE: UNA STRATEGIA IMPORTANTE PER FRONTEGGIARE IL TUMORE DEL COLON RETTO..di Marzia Russo

Nella nostra epoca, nonostante le innumerevoli innovazioni che incalzanti si disseminano in ogni settore, incluso quello sanitario e, più specificatamente, medico, perché alimentato dalle nuove evidenze frutto dell'attenta e deliberata attività di ricerca, le patologie tumorali, in generale, costituiscono, statisticamente parlando, anche nei paesi più sviluppati, la seconda causa di morte, dopo quelle cardio-vascolari.

Nello specifico, il cancro del colon retto rappresenta, nei paesi occidentali, il secondo tumore maligno più diffuso, sia per incidenza che per mortalità, dopo quello della mammella, nella donna e il terzo, dopo quello del polmone e della prostata, nell'uomo.

Il tumore del colon retto si origina per la proliferazione incontrollata delle cellule che rivestono la mucosa del colon. Il colon, ultimo tratto dell'intestino, deputato all'assorbimento delle sostanze nutritive, si distingue in: ascendente, traverso, discendente, sigma e retto (vedi immagine); il retto e' la parte più soventemente colpita dalla degenerazione neoplastica.

Tale patologia tumorale, rara nei primi quaranta anni di vita, colpisce uomini e donne di età compresa tra i sessanta e gli ottanta anni; negli ultimi anni i ricercatori hanno osservato un aumento dei casi di malattia, ma anche una diminuzione della mortalità, attribuibile, soprattutto, ad un'informazione più adeguata, alla diagnosi precoce e al successo della terapia, chirurgica, chemioterapica e radioterapica.

In sanità e, per lo più, nella disciplina oncologica, é di fondamentale importanza investire, anche in termini di risorse economiche, nella prevenzione; educare la popolazione, anche giovane, affinché riduca o, addirittura, annulli l'esposizione a quei fattori che si ritengono potenzialmente responsabili o concorrenti allo sviluppo della patologia. La popolazione deve essere sensibilizzata affinché adotti stili di vita sani, promuovendo il consumo di alimenti e sostanze che sembrerebbero svolgere, nei confronti della malattia alla quale, a volte, si è anche naturalmente predisposti, il ruolo di fattori protettivi.

Nel caso specifico del tumore del colon retto, i fattori di rischio che sembrerebbero coinvolti nella malattia sono legati allo stile alimentare e, dunque, alla dieta, altri genetici e altri di tipo non ereditario. Una dieta ipercalorica, iperproteica, ricca di grassi e povera di fibre sarebbe un fattore predisponente al tumore al colon retto e, in generale, a tutti i tumori intestinali; al contrario, una dieta ad alto contenuto di fibre sarebbe un fattore protettivo. Altra causa del tumore del colon retto potrebbe anche essere quella ereditaria e, dunque, genetica. Infatti, le evidenze scientifiche hanno dimostrato che esso si è manifestato in soggetti con positiva anamnesi patologica familiare per il cancro del colon retto o con positiva anamnesi patologica personale per poliposi intestinale, morbo di Crohn, diverticolite e, in generale, per tutte le malattie intestinali che presuppongono un'infiammazione cronica del sito. Si ritiene, comunque, che la maggiorparte dei tumori intestinali sia dovuta alla proliferazione, in senso maligno, dei polipi intestinali.

Ribadito, dunque, che l'unica strategia probabilmente vincente per evitare il tumore del colon retto è la prevenzione, sarebbe fondamentale: assumere una dieta ipocalorica, ipoproteica, ricca di fibre, vegetali e frutta e, soprattutto se una persona sa di essere maggiormente esposta alla malattia per predisposizione genetica o ereditaria o perché soffre di poliposi o altre malattie intestinali, sottoporsi periodicamente, almeno una volta ogni anno, a visite e screening che favoriscono la diagnosi precoce. La visita e l'esame obiettivo, l'esplorazione rettale, poco praticata in Italia, potrebbe favorire la diagnosi; la ricerca del sangue occulto nelle feci, esame culturale di laboratorio semplice da eseguire dopo aver prelevato un campione di feci non contaminato, e' una tecnica diagnostica di primo livello a cui fa seguito, qualora si riscontino delle anomalie all'esame culturale, la colonscopia, esame invasivo e di secondo livello che, mediante l'introduzione, attraverso l'orifizio anale, del colonscopio, tubo di piccole dimensioni, consente la visualizzazione dl colon. Recentemente, a testimoniare l'importanza degli screening per la diagnosi precoce, l'ASP n. 5 di Messina ha condotto un'indagine, offrendo a tutti i cittadini residenti nel territorio ivi compreso e con età superiore a 50 anni di effettuare l'esame di ricerca del sangue occulto nelle feci gratuitamente.

I sintomi con cui si manifesta la malattia sono aspecifici, spesso, per tale ragione, sottovalutati, nonostante sottendono un processo importante  e patologico in atto. Essi, spesso, inoltre, compaiono in fase avanzata di malattia, quando si riscontrano già metastasi a livello del fegato (perché i due organi sono strettamente collegati dal punto di vista della circolazione) e sono: perdite ematiche rettali, lievi o importanti, che determinano anemia, alternanza di periodi di stipsi e diarrea, inappetenza, astenia e calo ponderale.

In quest'ottica, in cui, come si è più volte ribadito, la prevenzione e la diagnosi precoce potrebbero essere le uniche ancore di salvezza, è piuttosto riduttivo attribuire al sanitario la sola competenza della cura, competenza, per altro, limitata, alla luce della ridotta aspettativa di vita che hanno pazienti oncologici, ed é necessario spostare la nostra attenzione dalla volontà di essere curati, ad ogni costo dopo aver diagnosticato malattia, ad essere tutelati e salvaguardati, da un Sistema Sanitario Nazionale che, promuovendo la salute come fondamentale diritto del cittadino, diffonda sempre di più la cultura della prevenzione e non solo della cura.


Maria Grazia (Marzia) Russo*

*Dott.ssa in Infermieristica.
Studentessa presso l'Università di Firenze ove frequenta il CDLM in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche.

lunedì 4 maggio 2015

The Bookmark (2): "Smith & Wesson", di Alessandro Baricco




Autore: Alessandro Baricco
Titolo: Smith & Wesson
Pag. 108
Casa editrice: Feltrinelli
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno di pubblicazione:2014

Il libro è in dotazione alla Biblioteca Comunale di Pettineo.


 








«Abbiamo deciso che il 21 Giugno, solstizio d’estate, il primo essere umano nella storia degli esseri umani salterà dalle cascate del Niagara non per farsi fuori, ma per vivere, una buona volta, e vivere davvero.»

Siamo ai primi del ’900, e le ormai celeberrime cascate del Niagara fanno da sfondo a una curiosa vicenda: Tre personaggi, due uomini Tom Smith e Jerry Wesson e una donna, Rachel Green decidono di mettere in atto un’impresa mai tentata: resistere alla forza indomita delle cascate del Niagara. Lei, Rachel, giornalista delusa dal lavoro che la relega a una condizione di eterna stagista, incaricata di compiti ingrati nella redazione per cui lavora, tenterà il salto più rischioso della storia. Vuole mostrare a se stessa che non può e non vuole arrendersi alle avversità. Non senza titubanze iniziali, i preparativi vengono portati avanti dai tre con grande meticolosità per far fronte a tutti i rischi del folle progetto. Ognuno avrà un compito ben preciso da portare a termine per la riuscita dell’impresa davanti a turisti e a giornalisti assiepati in quello scenario di vita e di morte allo stesso tempo. Ed ecco che il tempo vola. Il 21 Giugno è arrivato. Rachel salta…

Questo libro scritto per il teatro, che l’autore considera una notevole forma di narrazione, è scorrevole; si legge nello spazio di qualche ora. I dialoghi, fatti di frasi brevi accelerano la narrazione. Scopro, poi, cercando su internet, che forse questo stile non è proprio casuale. Smith & Wesson è infatti un noto marchio di armi da fuoco leggere. Pistole specialmente. Così mi spiego i colpi di “botta e risposta” tra i personaggi. La narrazione contiene, così come lo scrittore ha dichiarato durante un’intervista, fatti veri: come la scomparsa inspiegabile delle cascate per alcune ore nel 1848*. L’unica pecca del libro è forse la mancata differenziazione dei personaggi, attraverso il modo in cui si esprimono, volutamente o distrattamente “livellato”.

Leggo Baricco ormai da tempo, e mi stupisco che ogni volta in poche pagine riesca a condensare storia, personaggi e significati arrivando in modo immediato al lettore. Forse troppo immediato, sostengono alcuni che associano questo autore alla teoria del Midcult, un terzo livello culturale tra cultura di massa e cultura alta. Immediato o no, Midcult o no, Baricco sembra non sbagliare un colpo, pur generando dibattiti accesi tra i suoi lettori sostenitori e i suoi detrattori.


Rossella Muratore



sabato 25 aprile 2015

LA LIBERAZIONE 70 ANNI DOPO.. di Sebastiano Di Francesca


 Oggi, 25 aprile 2015, come ogni anno dal 1946, in Italia ricorre la Festa della Liberazione. In molte parti d’Italia si tengono cortei, commemorazioni e manifestazioni varie per ricordare la Resistenza. Contestualmente o, purtroppo, “in alternativa” a rievocazioni e festeggiamenti ufficiali, in molte altre parti del Paese più e meno giovani organizzano delle allegre ed animate scampagnate (alias schiticchi o mangiate) che costituiscono tradizionali occasioni di incontro, di socializzazione e di svago. Ma non possiamo non notare che, col passare degli anni, questa seconda usanza sta sostituendo la prima e a ciò si accompagna una pericolosa e triste perdita della consapevolezza, o anche della semplice e sommaria conoscenza di ciò che sta dietro questa “Festa Nazionale”.



Ricordiamo, intanto, che fu il primo governo De Gasperi a proclamare, inizialmente per il solo anno 1946, il 25 aprile giornata di festa nazionale, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946 ("Disposizioni in materia di ricorrenze festive"). Questo, all'articolo 1 recitava: "A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale". Fu solo nel 1949 con la Legge n. 260 ("Disposizioni in materia di ricorrenze festive") che il 25 aprile venne dichiarato definitivamente festa della Liberazione[1].

Senza alcuna pretesa di esaustività, anche perché molti e forse troppo complessi sarebbero gli eventi che precedettero il 25 aprile 1945, cerchiamo di ricostruirne un po’ il senso.

Questa data rappresenta una tappa fondamentale della Nostra storia. Il suo valore storico, oltre che simbolico, è dato dal fatto che in essa coincidono, convenzionalmente, la fine del Ventennio Fascista[2] e la conclusione della Seconda guerra mondiale, con la sconfitta dei nazifascisti e la cessazione dell’occupazione tedesca, che passò attraverso la riconquista delle città del Nord Italia da parte del Comitato Nazionale di Liberazione per l’Alta Italia (CLNAI)[3] [Milano, Genova e Torino il 25 aprile. Entro il 1º maggio, poi, tutta l'Italia settentrionale fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Venezia (il 28 aprile)]. La liberazione del Sud, invece, era già cominciata con lo sbarco degli alleati in Sicilia, tra giugno e luglio del 1943, e la (lenta) risalita della Penisola da parte delle truppe anglo-americane.

Il 25 aprile, oltre che segnare, da un lato, la fine della dittatura fascista e dell’oppressione nazista, sancisce, dall’altro, l’avvio del percorso che porterà alla nascita della Repubblica italiana, con il Referendum istituzionale (Monarchia vs Repubblica) e l’elezione dell’Assemblea Costituente che si tennero il 2 giugno del 1946, ed il varo della Carta Costituzionale, entrata in vigore il 1° gennaio del 1948.

La situazione italiana di quel tempo noi giovani d’oggi possiamo solo immaginarla. Con maggiore o minore passione, l’abbiamo studiata sui libri di scuola; l’abbiamo vista attraverso documentari dell’epoca (o anche più recenti) e attraverso i numerosi film che raccontano quegli eventi e il sacrificio di decine e decine di nostri connazionali; l’abbiamo, infine, immaginata sentendo i racconti di chi ha vissuto gli anni della Guerra, la festa per la sua fine e la gioia della Liberazione, con la riacquisizione di diritti e libertà personali che fino ad allora erano stati fortemente repressi.

La mattina di questo giorno di settanta anni fa, quello che poi diventò il settimo Presidente (Partigiano) della Repubblica, Sandro Pertini, annunciò via radio “lo sciopero generale, contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire![4].
La gente scese per le strade e fece festa: la Guerra era finita!

In questo è da ricondurre, ad avviso di chi scrive, il senso delle scampagnate, delle mangiate e degli schiticchi che si tengono in questa giornata. La libertà di espressione e di manifestazione delle proprie idee, di stare insieme, discutere, confrontarsi, far festa, non c’era più stata fino a quel momento. È questo che si deve comprendere.

Uno storico errore che si è poi commesso, a partire dagli anni immediatamente seguenti alla nascita della Repubblica, fu quello di relegare il patrimonio di ideali, di esempi, di esperienze e di storia della Liberazione a caratteristica identitaria di una certa parte politica (l’esempio più stupido è dato dal fatto che canti della Resistenza, come Bella Ciao, siano diventati colonna sonora delle iniziative promosse da movimenti di sinistra di stampo spesso “anti-sistema”, risultando sgradevoli a chi in tali movimenti non si riconosce), patrimonio che invece appartiene a tutti. Paradossalmente, anche chi oggi si professa nazista, fascista o anche anarchico può farlo grazie alla Liberazione ed al sacrificio di migliaia di giovani che andarono oltre la propria estrazione sociale e spesso oltre le proprie convinzioni politiche e, accomunati dall’ideale antifascista e dal desiderio di libertà, lottarono assieme contro l’oppressione.


Nel suo discorso di fine anno 1983, l’allora Presidente della Repubblica Pertini, rivolgendosi ai giovani, disse “io vorrei che voi teneste presente un ammonimento di un pensatore francese, ammonimento che io ho sempre tenuto presente alla mia mente. ´´Dico al mio avversario: io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sino al prezzo della mia vita perché' tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente´´. Ecco quello che io dico ai giovani, senza presunzione, quasi fossi un loro compagno di strada, tanto mi sta a cuore la loro sorte”. Qui il senso di quanto scritto in precedenza.


“Un Popolo senza memoria è un Popolo senza Futuro” (Luis Sepulveda).


A 70 anni dalla Liberazione invito chi legge a “ricordare”. Buona Festa della Liberazione!



Sebastiano Di Francesca*



*Specializzando in Analisi e Politiche dello Sviluppo Locale e Regionale presso l'Università di Firenze.




[1] Fonte: http://www.prefettura.it/monzaebrianza/contenuti/10437.htm.
[2] La fine del Ventennio (ma sarebbe meglio dire l’inizio della fine, vista l’esperienza della Repubblica di Salò) viene pure fatta risalire alla riunione del Gran Consiglio del Fascismo tenutasi il 24 luglio del 1943, in seno alla quale fu approvato l’o.d.g. Grandi che prevedeva la destituzione di Mussolini – che fu arrestato - ed il trasferimento di tutti i poteri in capo al sovrano. Il Partito Nazionale Fascista, invece, fu sciolto con decreto governativo (il Re aveva infatti nominato Badoglio Presidente del Consiglio), così come furono sciolte tutte le associazioni che ad esso facevano capo ed abrogate tutte le leggi istituite dal Gran Consiglio e dal Tribunale Speciale.
[3] Il CLNAI era il coordinamento del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) insistente sulle Regioni del Nord Italia. A livello nazionale, il CLN nacque come forma di coordinamento delle forze antifasciste e per la direzione politica della Resistenza, come in molti altri Paesi europei. Prendeva spunto dal Comitato delle opposizioni antifasciste e fu costituito a Roma il 9 settembre 1943 dai rappresentanti di Partito comunista italiano, Partito d’azione, Partito socialista italiano, Democrazia cristiana, Partito liberale italiano e Democrazia del Lavoro.
[4] Radio Milano Liberata, 25 aprile 1945.



giovedì 23 aprile 2015

LA LETTURA E' UN ATTO D'AMORE.. di Antonella La Rosa

In occasione della Giornata mondiale del Libro che si celebra il 23 aprile di ogni anno, vorrei proporre alcune riflessioni per sottolineare l’importanza dell’educazione alla lettura sin dall'infanzia.

Educatori e insegnanti condividono l’importanza della lettura ai bambini già da quando ancora non sanno leggere (e soprattutto da quando avranno imparato a farlo) e ritengono che sia indispensabile sostenere i ragazzi affinché leggano in modo autonomo e personale. 

La lettura assolve ad una molteplicità di funzioni sotto il profilo cognitivo, sotto il profilo affettivo, sotto il profilo etico e valoriale. Sul piano cognitivo, la lettura arricchisce la conoscenza, stimola la formazione delle idee, potenzia le capacità linguistico-espressive. Sul piano affettivo, essa risveglia emozioni e sentimenti, nutre e arricchisce la fantasia, stimola l’immaginazione. Sul piano etico e valoriale, la lettura è importante per l’interiorizzazione di modelli, norme e valori. Dalla lettura si possono ricavare modelli di bontà e di solidarietà verso i deboli e gli oppressi, si possono apprendere meglio i concetti di bene e di male, di giusto e ingiusto.
La lettura non può nascere dal dovere, non si può imporre come azione “da fare”; il lettore che ama leggere ha compreso il senso autentico di un’attività che gli risulta gratificante. 

Dunque educare alla lettura significa educare al gusto di leggere. Quest'iltimo coinvolge tutti i sensi: il senso dell’olfatto interviene quando sentiamo l’odore della carta e della colla; il senso della vista interviene quando guardiamo la copertina, le immagini, il carattere della scrittura; il senso del gusto è coinvolto quando si assaporano le parole, la musicalità di un verso, la bellezza di una frase; il senso del tatto è coinvolto perché tocchiamo con mano il formato del libro, ci interessiamo al peso e alla consistenza, passiamo il dito sulla carta (liscia o ruvida); il senso dell’udito è coinvolto quando ci immergiamo nel testo, tanto da non sentire più chi ci parla, né percepiamo rumori o voci.


La famiglia è il luogo per eccellenza che motiva ed educa a leggere. I bambini che vedono i genitori leggere si sentiranno più facilmente stimolati a prenderli in mano e ad imitare l’azione fatta dalle persone che si curano di loro. 

Detto ciò, consiglio vivamente agli adulti di accogliere e promuovere i libri nell'infanzia dei propri bambini, ad esempio, visitando insieme librerie e biblioteche, regalando più libri e meno giocattoli, dedicando loro qualche minuto a leggere una storia a voce alta. Queste azioni sono piccole, ma il dono è grande. La lettura è un atto d’amore.



Antonella La Rosa*


*Studentessa in Scienze della Formazione Primaria presso l'Università di Palermo.

**Parte della riflessione deriva dalla rilettura degli appunti che ho preso durante le lezioni del corso in Lettura per l'infanzia, tenuto dalla Prof.ssa F. Anello - A.A. 2011/2012