sabato 25 aprile 2015

LA LIBERAZIONE 70 ANNI DOPO.. di Sebastiano Di Francesca


 Oggi, 25 aprile 2015, come ogni anno dal 1946, in Italia ricorre la Festa della Liberazione. In molte parti d’Italia si tengono cortei, commemorazioni e manifestazioni varie per ricordare la Resistenza. Contestualmente o, purtroppo, “in alternativa” a rievocazioni e festeggiamenti ufficiali, in molte altre parti del Paese più e meno giovani organizzano delle allegre ed animate scampagnate (alias schiticchi o mangiate) che costituiscono tradizionali occasioni di incontro, di socializzazione e di svago. Ma non possiamo non notare che, col passare degli anni, questa seconda usanza sta sostituendo la prima e a ciò si accompagna una pericolosa e triste perdita della consapevolezza, o anche della semplice e sommaria conoscenza di ciò che sta dietro questa “Festa Nazionale”.



Ricordiamo, intanto, che fu il primo governo De Gasperi a proclamare, inizialmente per il solo anno 1946, il 25 aprile giornata di festa nazionale, con il decreto legislativo luogotenenziale n. 185 del 22 aprile 1946 ("Disposizioni in materia di ricorrenze festive"). Questo, all'articolo 1 recitava: "A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale". Fu solo nel 1949 con la Legge n. 260 ("Disposizioni in materia di ricorrenze festive") che il 25 aprile venne dichiarato definitivamente festa della Liberazione[1].

Senza alcuna pretesa di esaustività, anche perché molti e forse troppo complessi sarebbero gli eventi che precedettero il 25 aprile 1945, cerchiamo di ricostruirne un po’ il senso.

Questa data rappresenta una tappa fondamentale della Nostra storia. Il suo valore storico, oltre che simbolico, è dato dal fatto che in essa coincidono, convenzionalmente, la fine del Ventennio Fascista[2] e la conclusione della Seconda guerra mondiale, con la sconfitta dei nazifascisti e la cessazione dell’occupazione tedesca, che passò attraverso la riconquista delle città del Nord Italia da parte del Comitato Nazionale di Liberazione per l’Alta Italia (CLNAI)[3] [Milano, Genova e Torino il 25 aprile. Entro il 1º maggio, poi, tutta l'Italia settentrionale fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Venezia (il 28 aprile)]. La liberazione del Sud, invece, era già cominciata con lo sbarco degli alleati in Sicilia, tra giugno e luglio del 1943, e la (lenta) risalita della Penisola da parte delle truppe anglo-americane.

Il 25 aprile, oltre che segnare, da un lato, la fine della dittatura fascista e dell’oppressione nazista, sancisce, dall’altro, l’avvio del percorso che porterà alla nascita della Repubblica italiana, con il Referendum istituzionale (Monarchia vs Repubblica) e l’elezione dell’Assemblea Costituente che si tennero il 2 giugno del 1946, ed il varo della Carta Costituzionale, entrata in vigore il 1° gennaio del 1948.

La situazione italiana di quel tempo noi giovani d’oggi possiamo solo immaginarla. Con maggiore o minore passione, l’abbiamo studiata sui libri di scuola; l’abbiamo vista attraverso documentari dell’epoca (o anche più recenti) e attraverso i numerosi film che raccontano quegli eventi e il sacrificio di decine e decine di nostri connazionali; l’abbiamo, infine, immaginata sentendo i racconti di chi ha vissuto gli anni della Guerra, la festa per la sua fine e la gioia della Liberazione, con la riacquisizione di diritti e libertà personali che fino ad allora erano stati fortemente repressi.

La mattina di questo giorno di settanta anni fa, quello che poi diventò il settimo Presidente (Partigiano) della Repubblica, Sandro Pertini, annunciò via radio “lo sciopero generale, contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire![4].
La gente scese per le strade e fece festa: la Guerra era finita!

In questo è da ricondurre, ad avviso di chi scrive, il senso delle scampagnate, delle mangiate e degli schiticchi che si tengono in questa giornata. La libertà di espressione e di manifestazione delle proprie idee, di stare insieme, discutere, confrontarsi, far festa, non c’era più stata fino a quel momento. È questo che si deve comprendere.

Uno storico errore che si è poi commesso, a partire dagli anni immediatamente seguenti alla nascita della Repubblica, fu quello di relegare il patrimonio di ideali, di esempi, di esperienze e di storia della Liberazione a caratteristica identitaria di una certa parte politica (l’esempio più stupido è dato dal fatto che canti della Resistenza, come Bella Ciao, siano diventati colonna sonora delle iniziative promosse da movimenti di sinistra di stampo spesso “anti-sistema”, risultando sgradevoli a chi in tali movimenti non si riconosce), patrimonio che invece appartiene a tutti. Paradossalmente, anche chi oggi si professa nazista, fascista o anche anarchico può farlo grazie alla Liberazione ed al sacrificio di migliaia di giovani che andarono oltre la propria estrazione sociale e spesso oltre le proprie convinzioni politiche e, accomunati dall’ideale antifascista e dal desiderio di libertà, lottarono assieme contro l’oppressione.


Nel suo discorso di fine anno 1983, l’allora Presidente della Repubblica Pertini, rivolgendosi ai giovani, disse “io vorrei che voi teneste presente un ammonimento di un pensatore francese, ammonimento che io ho sempre tenuto presente alla mia mente. ´´Dico al mio avversario: io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sino al prezzo della mia vita perché' tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente´´. Ecco quello che io dico ai giovani, senza presunzione, quasi fossi un loro compagno di strada, tanto mi sta a cuore la loro sorte”. Qui il senso di quanto scritto in precedenza.


“Un Popolo senza memoria è un Popolo senza Futuro” (Luis Sepulveda).


A 70 anni dalla Liberazione invito chi legge a “ricordare”. Buona Festa della Liberazione!



Sebastiano Di Francesca*



*Specializzando in Analisi e Politiche dello Sviluppo Locale e Regionale presso l'Università di Firenze.




[1] Fonte: http://www.prefettura.it/monzaebrianza/contenuti/10437.htm.
[2] La fine del Ventennio (ma sarebbe meglio dire l’inizio della fine, vista l’esperienza della Repubblica di Salò) viene pure fatta risalire alla riunione del Gran Consiglio del Fascismo tenutasi il 24 luglio del 1943, in seno alla quale fu approvato l’o.d.g. Grandi che prevedeva la destituzione di Mussolini – che fu arrestato - ed il trasferimento di tutti i poteri in capo al sovrano. Il Partito Nazionale Fascista, invece, fu sciolto con decreto governativo (il Re aveva infatti nominato Badoglio Presidente del Consiglio), così come furono sciolte tutte le associazioni che ad esso facevano capo ed abrogate tutte le leggi istituite dal Gran Consiglio e dal Tribunale Speciale.
[3] Il CLNAI era il coordinamento del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) insistente sulle Regioni del Nord Italia. A livello nazionale, il CLN nacque come forma di coordinamento delle forze antifasciste e per la direzione politica della Resistenza, come in molti altri Paesi europei. Prendeva spunto dal Comitato delle opposizioni antifasciste e fu costituito a Roma il 9 settembre 1943 dai rappresentanti di Partito comunista italiano, Partito d’azione, Partito socialista italiano, Democrazia cristiana, Partito liberale italiano e Democrazia del Lavoro.
[4] Radio Milano Liberata, 25 aprile 1945.



Nessun commento: