Uno degli
ambiti più strategici per uscire dalla crisi nel nostro paese è senza dubbio
quello dei beni culturali: l’Italia ha la cultura nel suo DNA (possiede 50 siti
inseriti nel patrimonio culturale mondiale dell’UNESCO con 3400 musei e circa
2000 tra monumenti e aree archeologiche).
L'articolo 9 della Costituzione
«promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela
il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Il vero
problema è che non si riesce a dare vera importanza e valore al nostro
patrimonio e non riusciamo a trarne benefici né di carattere economico, né
sociale, né intellettuale, viviamo in una situazione di stallo, poiché la
conservazione e la valorizzazione non vengono considerate come priorità.
Un grande
esempio nella nostra Sicilia di opere che dialogano con la collettività è dato
da Antonio Presti, ideatore di Fiumara d’Arte (parco di sculture di arte
contemporanea più grande d’Europa) e presidente dell’omonima fondazione. L’idea
nasce nel 1982 quando, Presti, ereditando un grande patrimonio dal padre,
Angelo Presti, uno dei più grandi imprenditori edili della provincia di quel
tempo, immaginò di dar vita ad un parco di sculture che coniugasse l’arte
contemporanea alla bellezza del territorio, e per far ciò, investì (e investe
tutt’oggi) tempo e denaro.
L’arte nelle
sue espressioni contemporanee viene spesso percepita come distante dalla
quotidianità, legata soltanto alle nicchie di intellettuali, non comprensibile
a tutti; in un certo senso tende ad allontanare e a far sentire inadeguato chi
non ne ha familiarità. A Pettineo, uno dei paesi della Fiumara d’Arte, invece è
proprio l’arte ad invadere gli spazi privati e i luoghi di aggregazione comune.
Qui si è tentato di far dialogare visitatori e abitanti attraverso le opere del
Museo Domestico, che creano un legame con le persone che le ospitano.
L’idea nasce
con l’evento “1 Km di tela”, svoltasi nel paese per tre edizioni
1991,1992,1995. Artisti da tutto il mondo, popolavano il piccolo centro e
venivano ospitati dagli abitanti del paese, dipingendo su una lunga tela stesa
a terra, che venne poi tagliata e donata agli abitanti come ringraziamento
dell’ospitalità. Tutte le case che ospitano le opere costituiscono questo insolito
museo di arte contemporanea.
Molto
presto, già negli anni immediatamente successivi alla manifestazione a Pettineo
si è perso il valore e il senso stesso dell’operazione compiuta da Presti e le
possibilità correlate. Tutto ciò anche a causa dello scarso interessamento
delle amministrazioni locali che si sono succedute negli anni, che non sono
state capaci di mantenere vive tali memorie e relazioni, che potrebbero
attivare processi di sviluppo per questo paese, tagliato fuori dai percorsi
turistici della vicina Cefalù e con un così importante e immenso patrimonio “sconosciuto”.
Se veramente
vogliamo tornare a crescere, se vogliamo ricominciare a costruire un “Futuro”,
dobbiamo pensare con un'ottica in cui lo sviluppo passi obbligatoriamente per
la valorizzazione dei saperi, delle culture e puntando sulla capacità di
guidare consapevolmente il cambiamento.
La cultura e
la ricerca sono i settori che producono l'innovazione, e dunque creano
occupazione, producendo progresso e sviluppo.
La cultura
deve diventare patrimonio identitario, si deve acquisire una consapevolezza
civica del valore, anche se solo immateriale(secondo me più importante), delle
opere che ci circondano.
La cultura,
deve tornare al centro dell'azione di governo. Per governo non mi riferisco
solo allo stato italiano, ma anche alle piccole realtà locali come quella di
Pettineo.
Questa è la
condizione essenziale perché i giovani possano costruire il loro futuro:
fondarlo sulla cultura.
Chi pensa
alla crescita senza ricerca, senza cultura, senza innovazione, ipotizza un
futuro da consumatori disoccupati, che in poche parole è quello che stanno
vivendo i giovani in questo periodo.
Antonino Pappalardo*
*Dottore in
Disegno Industriale
1 commento:
Ricordo con nostalgia, mista a delusione per lo stop improvviso, le tre edizioni di questo evento. Mi sono sempre chiesta perché non siamo stati capaci di vedere al di là del nostro naso. Eppure sarebbe bastato poco. Ricordo le strade gremite di compaesani, artisti, turisti arrivati da ogni parte. Musica africana e gruppi che si esibivano. Ricordo colori. Un paese vivo. Un'atmosfera che lasciava bene sperare. Aderii anch'io insieme ad altri miei due amici a una delle edizioni. Ci venne dato un bel pezzo di tela, a noi che artisti non eravamo, ma che con quel sapevamo fare gioivamo all'idea di fare parte di qualcosa. Poi, il silenzio. Sono pienamente d'accordo con Antonino. Ripartire dalla cultura, e tutto ciò che intorno a essa orbita è soluzione necessaria e urgente.
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