Salve
a tutti,
e benvenuti a The Bookmark, un piccolo spazio mensile che
l’associazione culturale Dialogos ha voluto riservare alla lettura attraverso
la pubblicazione di brevi recensioni. Ogni mese leggerò un libro e condividerò
con voi le mie impressioni, indicandovi se vi sarà possibile trovarlo presso la
Biblioteca Comunale.
Da
parte mia, ho entusiasticamente accettato di occuparmi di questo spazio dando
il mio modestissimo contributo da lettrice che ama i libri. Nel mio immaginario
li ho sempre considerati degli oggetti magici, che permettono di sperimentare, anche
se non in prima persona, vite che non avremo il tempo di vivere; di conoscere
mondi che non avremo il tempo di visitare; di muoverci avanti e indietro nella
storia senza dover aspettare l’invenzione di una complicatissima macchina del
tempo o un treno sempre in ritardo che ci porti alla nostra meta. Non che
viaggiare non sia interessante! Ma certi viaggi senza i libri non sarebbero nemmeno
possibili.
Chi
avrebbe mai immaginato di sbirciare da vivo l’aldilà, se non fosse stato per la
penna di Dante? O di compiere dei viaggi interplanetari se non ci avesse
condotti lì Antoine de Saint Exupéry con il suo Piccolo principe, ancor prima che un essere umano passeggiasse
sulla Luna?
I libri sono dei portali, che si aprono sullo spazio e sul tempo e non aspettano che noi.
Per
questo mese già a metà del suo cammino, ho scelto un libro non troppo recente
che tuttavia sembra non aver affatto subito gli effetti del tempo, visti gli
ultimi accadimenti che stanno sconvolgendo i paesi islamici del Mediterraneo,
tra esecuzioni in nome della religione e devastazione del patrimonio
archeologico allo scopo di cancellare la storia e l’evoluzione delle civiltà.
L’autore
del romanzo di cui vi parlerò, Mohammed Moulessehoul, che per motivi di
censura ha dovuto pubblicare i suoi scritti con uno pseudonimo femminile, è un
ex membro dell’esercito algerino, testimone della guerra civile del suo paese.
Di recente ha partecipato al corteo di Parigi dopo l’attacco terroristico alla
sede del periodico Charlie Hebdo,
dichiarando che «il Corano è solo un pretesto per chi semina terrore».
Autore: Yasmina Khadra
Pag. 278
Casa editrice: Mondadori
Luogo di pubblicazione: Milano
Anno: 2009
Il libro è in
dotazione alla Biblioteca Comunale
A Kafr Karam, villaggio polveroso dell’Iraq il conflitto in corso a Baghdad è soltanto un’eco lontana. La guerra vi giunge attraverso le notizie di radio e televisione aspramente dibattute dal barbiere o al Caffè Safir. Qui i giovani si riuniscono per sfuggire alla desolazione del villaggio, criticando l’atteggiamento degli intellettuali, incapaci di votarsi alla Jihad, sottolineando come il rapporto Occidente-Mondo Arabo sfoci nella subalternità di quest’ultimo, considerato soltanto fonte di approvvigionamento di petrolio.
Ma in quest’oasi di pace, dove molti disapprovano
l’intervento “non richiesto” dell’Occidente per il raggiungimento di una forma
di governo democratico, l’ottusa violenza della guerra non tarda ad arrivare,
sconvolgendo per sempre la vita degli abitanti del villaggio. La tragedia, che
diventa motore delle azioni del protagonista, si consuma nel cuore della notte,
a casa di un anziano beduino, scavatore di pozzi. Dei soldati americani vi
irrompono alla ricerca di sospettati, umiliando il capo famiglia caduto a
terra, quasi nudo sotto gli occhi del figlio ventenne. Alla vista del padre
umiliato, tutto cambia nella vita del giovane beduino, che da quel momento in
poi la vivrà al solo scopo della vendetta.
L’autore narra l’intera vicenda di questo giovane
irakeno mostrando al lettore come l’odio possa generare “mostri” capaci di
immolare se stessi per la causa in cui credono, al punto da offrire la propria
vita, il proprio corpo come incontrollabile mezzo di morte, e senza fare alcuna
distinzione tra quelli che percepisce come colpevoli o innocenti.
Le sirene
di Baghdad mostra chiaramente come la guerra
possa cancellare la dignità umana e, insieme, lo splendore delle civiltà.
Baghdad,
già ferita dalla dittatura di Saddam Hussein, è un cadavere in putrefazione,
pullulante di corruzione e povertà. È un luogo in cui, malgrado poche e
inascoltate voci di intellettuali, regna la cultura della vendetta verso
l’Occidente, anche a costo di esecuzioni fratricide, proprio in un momento
storico in cui sembra aprirsi uno spiraglio di speranza.
Rossella Muratore
Nessun commento:
Posta un commento